Ipospadia fallita

Il termine Ipospadia Fallita si riferisce ai pazienti (per la maggior parte adulti) che, dopo aver subito in passato 1 o più interventi per la riparazione di ipospadia, presentano complicanze uretrali e peniene.

La riparazione dell’ipospadia vergine (primaria) viene effettuata solitamente in età pediatrica. Spesso, purtroppo l’intervento viene descritto da parte del chirurgo come una banale circoncisione. In realtà si tratta di un intervento che nel 30% circa dei casi può esitare in complicanze.
Le complicanze sono dovute al fatto che l’ipospadia è caratterizzata da una carenza di sviluppo di tessuti sulla faccia ventrale del pene e, quindi, è impossibile creare un canale uretrale che abbia le stesse caratteristiche strutturali dell’uretra normale. In realtà viene costruito un canale uretrale che presenta una parete sottile e sclerotica. Durante la pubertà, il pene si sviluppa, ma la neo-uretra probabilmente non segue il pene nel suo sviluppo.
Spesso, questi pazienti hanno subìto più interventi e presentano diverse complicanze.
I genitori dei bambini sottoposti a chirurgia riparativa dell’ipospadia in età infantile o adolescenziale dovrebbero essere informati sulla necessità di continuare i controlli anche in età adulta, in quanto esiste la possibilità non rara che si sviluppino delle complicanze uretrali e peniene.

Questi pazienti plurioperati possono presentare i seguenti problemi :

Problema urinario
  • Ipospadia residua: l’anomala posizione del meato impedisce di urinare in piedi [Fig 103]
  • Stenosi uretrale: meato o uretra ristretta con impedimento ad urinare ed infezioni urinarie ricorrenti.
  • Fistola uretrale da cui fuoriesce l’urina [Fig 104]
  • Calcoli uretrali [Fig 105]
  • Peli nell’uretra con infezioni urinarie ricorrenti [Fig 106].-Presenza di una malattia dermatologica associata (Lichen Sclerosus:) che compromette ulteriormente il pene e l’uretra [FIGURE 101 – 102]

Problema sessuale

  • Curvatura del pene (a causa delle cicatrici post-operatorie o di un associato asimmetrico sviluppo dei corpi cavernosi) che ostacola la penetrazione in vagina [FIGURE 107]
  • l’anomala posizione del meato (o un’ampia fistola uretrale) impedisce una corretta eiaculazione in vagina e la capacità di fecondare la donna [Fig 103]
  • una stenosi uretrale può determinare un’eiaculazione dolorosa ed ostacolare l’eiaculazione in vagina con la conseguente riduzione della capacità di fecondazione
  • erezione dolorosa esito di cicatrici post-operatorie retraenti


Problema estetico
    l’anomalo aspetto estetico del pene (meato anomalo, fistole, cicatrici, pene curvo) del pene causa importanti ripercussioni psicologiche [Fig. 107, 115, 116, 117, 118].

Problema  socio-psico-sessuale   Le problematiche urinarie, sessuali ed estetiche possono ripercuotersi sulla vita sociale di relazione ed avere un impatto psicologico importante

Fig-101 Fig-102
Fig-103 Fig-104
Fig-105 Fig-106
Fig-107
Fig-115
Fig-116 Fig-117
Fig-118

Come si fa la diagnosi


Gli esami diagnostici fondamentali sono:

Uroflussometria :
il paziente urina in un contenitore collegato ad un computer. Vengono registrati i valori del flusso urinario: la riduzione della forza del flusso (flusso massimo < 14 ml/sec.) può indicare un ostacolo alla minzione.
Uretrografia : esame radiologico con mezzo di contrasto che visualizza l’uretra e la vescica. In presenza di una storia di allergia ai mezzi di contrasto il paziente deve avvisare il medico. L’esame è fastidioso e deve essere effettuato da persone particolarmente esperte e che lavorano di routine in questo campo. E’ l’esame più importante per la diagnosi di stenosi e fondamentale per pianificare l’intervento chirurgico di riparazione dell’uretra.L’esame si divide in due momenti:1.- Uretrografia retrograda : il mezzo di contrasto viene iniettato nell’uretra attraverso uno strumento particolare (una cannula collegato ad un imbuto piccolo da appoggiare delicatamente al meato uretrale : FIGURE 108, 109, 110, 111, 112). Viene visualizzata tutta l’uretra anteriore (uretra peniena e uretra bulbare).

Fig-108 Fig-109
Fig-110 Fig-111
Fig-112

 

 Fig-X4

2.- Uretrografia minzionale [Fig X 4]: la vescica viene riempita con il mezzo di contrasto introdotto nell’uretra per via retrograda. Non appena il paziente avrà la sensazione di massimo riempimento della vescica, lo strumento che inietta il mezzo di contrasto viene rimosso e vengono effettuate delle radiografie mentre il paziente urina. L’esame studia tutta l’uretra, compresa la parte posteriore (uretra prostatica), e visualizza la stenosi ed il suo grado di importanza durante la fase della minzione.
Uretroscopia: introduzione dal meato di un uretroscopio per studiare le condizioni interne delle pareti dell’uretra ed avere tutte le informazioni utili ai fini della scelta dell’intervento chirurgico. L’esame viene effettuato con estrema delicatezza e con uno strumento molto sottile per non danneggiare l’uretra. Allo scopo di una valutazione utile per il medico e priva di sofferenza per il paziente, l’esame va effettuato in anestesia.

Altri esami supplementari sono:

Fig X – 5
Ecografia dell’uretra: per ridurre il fastidio viene effettuata contemporaneamente all’uretrografia retrograda. Dà informazioni aggiuntive: esatta lunghezza dei tessuti uretrali malati coinvolti nella stenosi [ Fig X 5].

Urinocoltura: la stenosi uretrale può causare incompleto svuotamento della vescica durante la minzione con conseguente ristagno di urina, infezione e urinocoltura positiva (presenza di germi nelle urine).

 

Perché operare?

L’intervento chirurgico mira a ripristinare la funzione urinaria:

  • riparare l’uretra ristretta, rimuovere i calcoli e i peli nell’uretra, riparare le fistole
  • portare il meato uretrale in cima al pene
  • ripristinare la funzione sessuale e l’aspetto estetico dei genitali: ricostruire un’uretra ed un meato uretrale che consentano il corretto passaggio dello sperma
  • correggere la curvatura del pene
  • rimuovere le cicatrici deformanti
  • creare un aspetto estetico del pene simile alla normalità, con la completa ricostruzione estetica del pene-glande-meato
  • ritrovare l’equilibrio socio-psico-sessuale:L’intervento chirurgico tende a migliorare i problemi psicologici e relazionali del paziente perché vuole dare una risposta a tutti e 3 i problemi (urinari, sessuali, estetici) consentendo di: risolvere i disturbi legati all’ostacolata emissione di urina e sperma e le infezioni urinarie ricorrenti
  • urinare in piedi senza bagnarsi
  • avere una buona attività sessuale
  • avere un aspetto estetico del pene soddisfacente.

Tecniche chirurgiche

Esistono differenti tecniche chirurgiche che prevedono l’impiego della cute del prepuzio o della mucosa buccale per ricostruire l’uretra.
La scelta del tipo di intervento dipende dalle condizioni dei tessuti uretrali/penieni e dalla storia del paziente (età, storia clinica, condizioni generali).

Le tecniche chirurgiche più utilizzate sono:
Uretroplastica in tempo unico di Asopa (l’uretra viene riparata con un solo intervento): l’uretra viene incisa ed ampliata con un innesto di prepuzio o mucosa buccale. [ FIGURE 113]

Fig-113

 


Uretroplastica in due tempi di Bracka [ FIGURE Bracka 2 tempi: 114]: l’uretra viene ricostruita con 2 interventi effettuati a distanza di più di 6 mesi uno dall’altro.


Primo tempo chirurgico :
il pene viene aperto ventralmente e l’uretra malata viene rimossa e sostituita con una “mattonella” di mucosa buccale. Per alcuni mesi il paziente urinerà da un meato situato lungo la faccia ventrale del pene.

Secondo tempo chirurgico : dopo alcuni mesi la “mattonella” di mucosa buccale viene trasformata in tubo ed il meato uretrale ritorna all’apice del glande.
Un catetere piccolo e morbido devia le urine per circa 10 giorni.
Bisogna sottolineare il fatto che spesso possono essere necessari più di due interventi per la riparazione dell’uretra.

Le tecniche chirurgiche impiegate nella riparazione dell’ipospadia complicata devono mirare oltre alla riparazione dell’uretra anche ad una soddisfacente ricostruzione estetica del pene, del glande e del meato uretrale.
Nel Capitolo allegato  sono descritte nel dettaglio le tecniche chirurgiche ricostruttive impiegate nella ricostruzione dell’uretra peniena. Questo Capitolo fa parte dell’Atlante di Chirururgia Peniena Ricostruttiva (Atlas of peniel reconstructive surgery. Pacini Editore S.p.a.)

Mucosa buccale

E’ attualmente il tessuto di prima scelta da impiegare nella chirurgia uretrale.
Il nostro Centro è stato il primo in Italia ed uno dei primi in Europa ad utilizzare la MB nella ricostruzione dell’uretra.
La MB ha rivoluzionato questa chirurgia perché si è rivelata un tessuto particolarmente resistente e adatto a sostituire l’uretra.
L’impiego della mucosa buccale ha sostituito l’impiego della cute del pene che non sempre è ben accettato perché richiede la circoncisione. Inoltre i pazienti già sottoposti a riparazione di ipospadia spesso presentano un carenza di tessuti cutanei penieni che rende imperativo il ricorso alla MB.
Il prelievo  (un esagono di 1.5 x 5 cm) [ Fig MB 1-2-3-4-5-6 ] viene effettuato dalla guancia interna e la ferita viene suturata: il fastidio in bocca dura solo pochi giorni, il paziente può riprendere a mangiare il giorno dopo l’intervento e i punti di sutura si riassorbono spontaneamente dopo circa 1 mese.
Abbiamo effettuato dal 1995 più di 200 prelievi di mucosa buccale: non si è verificata nessuna complicanza e tutti i pazienti dichiarano che in caso di necessità rifarebbero il prelievo di mucosa buccale. E’ sconsigliabile effettuare il prelievo dal labbro perché c’è il rischio di complicanze: difficoltà ad aprire la bocca, alterazione dell’espressione del viso.

Fig-MB1 Fig-MB2
Fig-MB3 Fig-MB4
Fig-MB5 Fig-MB6

Altri tessuti di sostituzione uretrale

Cute del pene
Sino a 10 anni fa è stato il tessuto di sostituzione uretrale più impiegato. Il suo impiego si è ridotto da quando è stato scoperto l’impiego della mucosa buccale per 2 motivi: la mucosa buccale è più resistente ed evita la necessità della circoncisione.

Cute di altre regioni del corpo
In casi rari.

Tessuti eterologhi
Sono tessuti ricavati dagli animali o costruiti in laboratorio.
In alcuni casi sono stati utilizzati, ma è ancora da valutare nel tempo il risultato.

Colture cellulari

La coltivazione di tessuti in laboratorio e l’impiego delle cellule staminali è in fase sperimentale e ancora lontano dall’essere applicabile a questa chirurgia.

Complicanze post-operatorie

Bisogna correttamente avvisare i pazienti che la chirurgia dell’ipospadia fallita è caratterizzata da una elevata percentuale di complicanze (circa 30 %): questo è dovuto al fatto che i tessuti su cui opera il chirurgo sono spesso compromessi dai precedenti interventi.
Le complicanze più frequenti sono la stenosi uretrale, la fistola uretrale, la riapertura del meato ricostruito.
Queste complicanze possono richiedere un ulteriore intervento chirurgico di riparazione che però va effettuato ad almeno 6 mesi di distanza dal primo.
La probabilità di complicanze è ridotta da:

  • meticolosa accuratezza chirurgica
  • adeguato strumentario chirurgico
  • giusta età del paziente
  • esperienza del chirurgo che esegue di routine questa chirurgia.

Assistenza post-operatoria

Il paziente viene dimesso 1-2 giorni dopo l’intervento per ridurre la degenza ospedaliera ed il trauma psicologico.
Il periodo post-operatorio non è  particolarmente doloroso.
Non sono necessarie medicazioni particolari.

Catetere
Sono utilizzati Cateteri piccoli e morbidi (in silicone) che drenano le urine dalla vescica all’esterno.
Il catetere viene mantenuto da un minimo di 1 ad un massimo di 15 giorni (a seconda dell’intervento chirurgico).

Medicazione del pene
La medicazione copre la ferita e immobilizza il pene per pochi giorni.
Nei primi giorni dopo l’intervento sono frequenti e
normali piccole perdite di sangue e perdite di urina in concomitanza delle spinte durante la defecazione.
Dopo la rimozione della medicazione si può osservare un lieve sanguinamento ed un aumento del gonfiore del pene.
I segni di un’infezione della ferita sono arrossamento cutaneo, pus e febbre: in questo caso è consigliabile rivolgersi al medico.
I punti di sutura sono riassorbibili e non vanno rimossi (questo riduce il dolore post-operatorio).
E’ consigliabile evitare la compressione della regione perineale e scrotale per 2 mesi: evitare la bicicletta. E’ consigliabile evitare l’attività sessuale per circa 1 mese.

Considerazioni
Oggi questa chirurgia è caratterizzata da una maggiore attenzione a ridurre il trauma psicologico tramite la scelta dell’intervento più adeguato e  la riduzione dei tempi di ospedalizzazione (2-3 giorni). Inoltre, c’è una maggiore attenzione nel cercare di ottenere un buon risultato non solo funzionale ma anche estetico.

Uretrotomia endoscopica

Lo strumento endoscopico è introdotto dal pene. Alla sommità di questo strumento è montato un coltellino che taglia la cicatrice causa del restringimento del canale e consente di allargare l’uretra.
L’incisione ed allargamento dell’uretra tramite strumenti endoscopici non ha alcuna possibilità di curare un restringimento uretrale in pazienti con tessuti compromessi da ripetuti interventi chirurgici.
Negli ultimi anni le innovazioni tecnologiche hanno indotto a credere che il taglio della cicatrice tramite il laser (Uretrotomia laser ) potesse garantire dei risultati migliori. In realtà non abbiamo nessuna dimostrazione scientifica di questo e l’impiego del laser potrebbe causare dei danni importanti nei tessuti uretrali.

Dilatazioni uretrali

La manipolazione dell’uretra tramite ripetute dilatazioni è una manovra antica che oggi non ha più motivo di esistere. Queste manovre non hanno nessuna possibilità di curare il restringimento dell’uretra. Inoltre il ripetuto traumatismo determinato dalle dilatazioni può essere causa di infezioni urinarie e dell’estensione del danneggiamento dei tessuti uretrali.

LICHEN SCLEROSUS nell’uomo

LICHEN SCLEROSUS nell’uomo

E’ una patologia cronica sclerosante della cute.

Epidemiologia: più frequente nelle donne rispetto agli uomini.

Cause: sconosciuta ma probabilmente multifattoriale, diverse ipotesi sono state valutate:

  • origine automimmunitaria:  correlata con altre patologie come diabete, tiroiditi, vitiligine
  • origine infettiva associata ad alcuni batteri (Borrellia) e/o virus (HPV, HCV)
  • origine ormonale: correlata a  bassi livelli di estrogeni
  • fattori locali: fenomeno di Koebner,  trauma locale ripetuto
  • E’ stata descritta, inoltre, l’ associazione del LS con il tumore del pene

 Sintomi:

Prurito, bruciore, dolore.

La mucosa del glande e la cute del prepuzio diventano sottili e si lacerano facilmente, soprattutto  durante i rapporti sessuali, con conseguente dolore. Nei casi più gravi possono formarsi vesciche e lesioni ulcerate con sanguinamento. La cute diventa anelastica; si formano macchie bianche sul prepuzio e sul glande con difficoltà alla retrazione, fino alla fimosi. Se la patologia entra nell’uretra può causare inizialmente il restringimento del meato uretrale   e  difficoltà alla minzione.

Istologia: ipercheratosi del’epitelio

Storia naturale: la patologia è ciclica, con fasi di remissione e fasi di riacutizzazione.   La progressione della malattia con assotigliamento della cute e formazione di placche,  causa spesso la fimosi.

L’interessamento a livello perimeatale, progressivamente coinvolge la parete  dell’uretra, causando spongiofibrosi  fino al limite tra uretra anteriore (dotata di una parete propria) e uretra posteriore (non ha una parete propria, ma è delimitata dalle strutture che attraversa). Non ci sono infatti riscontri di LS nell’uretra posteriore e nella vescica.

La patologia origina dalla cute che ricopre il glande (prepuzio) e, attraverso diversi stadi di gravità, passa a coinvolgere in successione il glande, il meato uretrale e l’uretra:

Stadio 1: coinvolgimento del prepuzio [fig. H]

Prurito, bruciore e piccole spaccature fastidiose. Anello biancastro del prepuzio che tende a non retrarsi più (fimosi), ostacolando l’attività sessuale.

 

Stadio 2: coinvolgimento del glande [fig. L]

Aree biancastre e rossastre sul glande e indurimento della mucosa. Il prepuzio si attacca al glande e non scorre più: scompare il solco del glande.

Stadio 3: coinvolgimento del meato [fig. M]

Il meato uretrale diventa bianco e si restringe ostacolando la fuoriuscita dell’urina

Stadio 4: coinvolgimento dell’uretra [fig. N]

Le pareti dell’uretra si induriscono ed il canale si restringe (stenosi uretra) per alcuni cm ostacolando la fuoriuscita dell’urina.

Stadio 5: Displasie del glande o tumore del pene [fig. P]

I pazienti con LS nell’8 % dei casi sviluppano un tumore del pene: quindi in presenza di LS è importante fare delle biopsie e tenere sotto stretto controllo il paziente.

 Trattamento:

  • dermatologico con corticosteroidi e Vit. E nei casi lievi
  • Terapia fotodinamica: Il principio su cui si basa  è quello di una reazione fotodinamica in grado di distruggere selettivamente le cellule tumorali. Uno dei vantaggi della terapia fotodinamica, rispetto agli altri trattamenti, è quello della possibilità di ripetere l’applicazione senza un limite preciso, infatti  non provoca un danno nei tessuti sani circostanti la lesione.
  •  Trattamento chirurgico nei casi avanzati:  circoncisione, toilette chirurgica del pene, meatoplastica, uretroplastica peniena 1° tempo con o senza innesto di mucosa buccale; perineostomia nelle cosiddette panurethral disease. Chirurgia di asportazione delle lesioni displasiche sul glande e ricostruzione del pene [fig.Q].

    Da notare che nel caso della riparazione dell’uretra o della ricostruzione del pene ci troviamo di fronte ad una chirurgia nata da poco, molto difficile e altamente specialistica.

L’esperienza nel Centro dell’Uretra di Arezzo (aggiornato al 31/12/2011):

Nella nostra casistica i pazienti affetti da lichen sclerosus rappresentano il 13% del totale

Lichen Sclerosus del prepuzio:  Effettuate 86 toilette chirurgiche del pene (Successi 96.6%, Fallimenti 3.4%)

Lichen sclerosus dell’uretra peniena:  Effettuate 207 uretroplastiche  (Successi 89.2%, Fallimenti 10.8%)

Lichen sclerosus dell’uretra peno-bulbare (panurethral disease): Effettuate 116 uretroplastiche (successi 86.7% , Fallimenti 13.3%)

 

APPROFONDISCI:

Lichen sclerosus: Review of the Literature and Current Reccomendations for Management  JenniferM. Pugliese et A.

Heroic measures may not always be justified in extensive urethral stricture due to lichen sclerosus  Peterson AC, Palminteri E, et Al.

 

 

STENT URETRALE

Non ci sono indicazioni al posizionamento di stent uretrale per la stenosi dell’uretra.

Lo stent uretrale causa nel tempo un peggioramento delle condizioni locali dell’organo, aumentando e generando spongiofibrosi.

La qualità di vita del paziente risulta fortmente compromessa dai sintomi che compaiono dopo alcuni mesi dal posizionamento dello stent (dolore nell’area dello stent, fastidio durante i rapporti sessuali,  disfunzione erettile, formazione di calcoli, infezioni ricorrenti del tratto urinario, disuria, sgocciolamento postminzionale,  incontinenza).

Spesso non è possibile rimuovere chirurgicamente le maglie metalliche dello stent, per cui il chirurgo ricostruttivo è costretto ad asportare il toto il segmento di uretra con lo stent incarcerato.

 

Guarda il video PE4

Il concetto di mantenimento della pervietà di un lume vascolare, attraverso un’endoprotesi, risale al 1969.

In ambito urologico l’utilizzo di uno stent è stato sperimentato per la prima volta da Milroy, nel 1988, mediante un primo tentativo fatto utilizzando uno stent temporaneo.

Dal 1990 ad oggi, lo stent permanente Urolume è stato considerato l’endoprotesi adatta nei casi di stenosi dell’uretra. Urolume è uno stent biocompatibile, costituito da una super-lega e intrecciato in una rete metallica tubolare [1].

Dopo l’entusiasmo iniziale che riguardava le indicazioni sempre più ampie per varie tipologie di stenosi, è stato dimostrato che l’utilizzo degli stent è destinato al fallimento nelle stenosi posteriori causate da traumi pelvici o dalla chirurgia della prostata [1, 2]. Controindicato nei casi di stenosi peniena;  nell’uretra bulbare la reale effiacia non è stata dimostrata.

Per quanto riguarda i risultati a breve termine (meno di 18 mesi) dell’ Urolume, la percentuale di successo è stata stabilita intorno al 86-100% mentre quella a medio termine (24-36 mesi) subisce già delle riduzioni, essendo di 42-90%. I risultati a lungo termine (più di 10 anni) dimostrano chiaramente un ulteriore ribasso con una percentuale di successo di solo 13-45% [1]. In conclusione, questi risultati sono deludenti rispetto all’eccellente percentuale di successo a lungo termine dell’uretroplastica, una percentuale >90%.

Per quanto riguarda gli studi che si concentrano sull’utilizzo degli stent, c’è da dire che i risultati sono incentrati unicamente sulla pervietà del lume, sottovalutando, però, effetti secondari come il dolore nell’area dello stent, i fastidi sessuali, la disfunzioei erettiei, la formazione di calcoli,  le infezioni ricorrenti del tratto urinario, la disuria, l’incrostazione dello stent, lo sgocciolamento postminzionale, e l’incontinenza;  tutti sintomi che danneggiano in maniera importante la qualità di vita del paziente.

I principali problemi collegati all’utilizzo degli stent riguardano una sovraccrescita iperplastica con stenosi intraluminale o lo sviluppo di una nuova stenosi all’estremità distale o prossimale della protesi. Anche se questi problemi possono essere trattati attraverso delle uretrotomie ripetute e dilatazioni, la percentuale di fallimento rimane comunque alta.

Inoltre, la rimozione endoscopica dello stent risulta spesso impossibile, necessitando in ultima istanza di interventi chirurgici molto complessi; in alcuni casi è possibile rimuovere lo stent  estraendo uno ad uno i fili di metallo, ma spesso l’unica soluzione possibile rimane la rimozione in blocco dell’uretra fibrosa insieme allo stent incarcerato.

Parlando di scelte chirurgiche e dei principi moderni applicabili nel trattamento delle stenosi, non si deve dimenticare che alla base della chirurgia ricostruttiva dell’uretra c’è la preservazione dell’organo, mediante l’aumento dei tessuti uretrali oppure mediante la rimozione dell’uretra cicatriziale e l’ anastomosi. L’utilizzo degli stent non rispetta nessuno di questi due concetti, visto che la spongiofibrosi pre-esistente non viene asportata e lo stent danneggia ulteriormente i tessuti, provocando l’espansione della fibrosi ed il peggioramento delle condizioni locali dell’organo [4].

Anche se lo stent rappresenta il sogno di risolvere le stenosi dell’uretra attraverso un metodo facile e minimamente invasivo, sfortunatamente non si è dimostrato un’alternativa esente di rischi. Di conseguenza, gli urologi che posizionano uno stent permanente devono considerare il rischio, non basso,  di danneggiare l’organo e di conseguenza la qualità di vita del paziente [3].

 

ESPERIENZA nel nostro Centro di Chirurgia dell’Uretra

Totale pazienti sottoposti ad uretroplastica con rimozione di stent uretrale: 15

Tutti i pazienti con stent uretrale presentavano stenosi dell’uretra nello stent, adiacente allo stent.

Sintomi dei pazienti con stent uretrale e stenosi uretrale: bruciore ad urinare, infezioni ripetute delle vie urinarie con febbre alta (>38°C), difficoltà ad urinare, difficoltà a svuotare completamente la vescica, dolore nella sede dello stent. incontinenza, disfunzione erettile.

[1] Shah D, Paul EM, Badlani GH. 11-year outcome analysis of endourethral prosthesis for the treatment of recurrent bulbar urethral stricture. J Urol 2003; 170:1255-8

[2] Wilson TS, Lemack GE, Dmochowski RR. Urolume stents: lesson learned. J Urol 2002; 167:2477-80.

[3] Palminteri E, Gacci M, Berdondini E, Poluzzi M, Franco G, Gentile V. Management of urethral stent failure for recurrent anterior uretra strictures. Eur Urol 2010; 57: 615-21.

[4] Palminteri E. Stents and urethral strictures: a lesson learned?  Eur Urol 2008; 54: 498-500.

 

 

 

Uretrotomia endoscopica

FOTO A
FOTO A

Le indicazioni per effettuare una URETROTOMIA ENDOSCOPICA sono:

  • STENOSI DELL’URETRA BULBARE VERGINE NON OBLITERATIVA < 1cm, 

Percentuale di successo della prima uretrotomia  <60%

Percentuale di successo di una seconda uretrotomia 0%

 

Di seguito alcuni articoli presi dalla letteratura internazionale che riportano le indicazioni sopra descritte.

L’uretrotomia endoscopica rappresenta un trattamento frequentemente utilizzato nei casi di stenosi dell’uretra. Ciò nonostante, numerosi studi clinici hanno dimostrato che le percentuali di successo di questa procedura sono molto basse. Uno studio condotto su 76 pazienti maschi affetti da stenosi dell’uretra che avevano subìto ripetute  uretrotomie (da 1 a 5), ha evidenziato che la percentuale di probabilità che la stenosi sia definitivamente curata dopo la prima uretrotomia è stata di 8%, con un intervallo medio di tempo prima di una ricorrenza della stenosi di 7 mesi; per una seconda uretrotomia la percentuale è stata di 6% con tempo medio fino all’apparizione di una nuova stenosi di 9 mesi mentre per la terza o quarta e quinta uretrotomia eseguite sullo stesso paziente le percentuali di probabilità sono state, rispettivamente, di 9% con tempo medio prima della formazione di una nuova stenosi di 3 mesi, 0%  e tempo medio 20 mesi, e 0% con tempo medio di 8 mesi. Di conseguenza, in base anche a questi dati statistici, risulta innegabile il fatto che l’uretrotomia endoscopica dovrebbe essere considerata una misura temporeggiante fino al momento in cui una ricostruzione curativa definitiva può essere pianificata  [1].

L’uretrotomia endoscopica  seguita da auto-dilatazioni intermittenti rimane uno degli interventi eseguiti più comunemente anche per quanto riguarda le stenosi uretrali anteriori. Studi iniziali hanno dimostrato risultati molto buoni, con percentuali di successo che variavano tra 50-85%. Comunque, è necessario tener in considerazione il fatto che le percentuali comunicate si riferivano solo ai risultati a breve termine. Studi più recenti, incentrati su dei follow-up più lunghi, hanno smentito i risultati precedenti, dimostrando che le percentuali a lungo termine subiscono una diminuzione considerevole, con numeri che variano tra 6% e 28%. In questo senso, la lunghezza della stenosi ed il grado di fibrosi, si sono dimostrati indicativi per la riuscita dell’ intervento. Le uretrotomie ripetute non hanno apportato nessun miglioramento dei risultati. La conclusione è che l’uretrotomia endoscopica può essere considerata un trattamento di elezione solo nelle stenosi dell’uretra inferiori ad 1 cm, con una spongiofibrosi minima. In più, c’è da aggiungere che le auto-dilatazioni intermittenti eseguite per più di un’anno, con cadenza settimanale o bisettimanale possono rimandare la ricomparsa di una nuova stenosi [2].

Riguardo ai risultati a lungo termine (follow-up medio di 98 mesi) dell’uretrotomia endoscopica nelle stenosi uretrali anteriori, uno studio condotto tra 1975 e 1990 in cui sono stati arruolati 224 pazienti ha evidenziato che la percentuale di ricorrenza della stenosi è stata complessivamente di 68%, con percentuali individuali di 58% per le stenosi bulbari, 84% per quelle peniene e 89% per le stenosi penieno-bulbari. Inoltre, le uretrotomie ripetute non hanno migliorato la percentuale di successo. Le caratteristiche prognostiche delle stenosi uretrali bulbare associate a dei risultati soddisfacenti hanno incluso la natura individuale o primaria della stenosi, una lunghezza inferiore ai 10 mm. ed un calibro più largo di  15Fr. Le infezioni preoperatorie e l’etiologia delle stenosi non hanno influenzato in nessuna maniera i risultati. La conclusione logica dello studio menzionato è che le uretrotomie multiple conferiscono solo un miglioramento temporaneo e da questo punto di vista possono essere paragonate alle dilatazioni ripetute. Di conseguenza, nelle stenosi peniene e dopo il mancato successo di un’uretrotomia iniziale si riscontra chiaramente la necessità di trattamenti alternativi [3].

Particolare attenzione va risevata ai bambini e agli adolescenti affetti da stenosi dell’uretra. I studi condotti rilevano che l’uretrotomia endoscopica rappresenta una prima linea terapeutica sicura solo per le stenosi inferiori ad 1 cm, indipendentemente dall’etiologia o dal sito. In questo senso, le procedure endoscopiche andrebbero riservate ai pazienti affetti da stenosi bulbari minori di 1cm e con una minima spongiofibrosi.  Per i pazienti che hanno manifestato già una ricorrenza della stenosi, affetti da stenosi più lunghe di 1 cm,  o nei quali il quoziente di rischio di ricorrenza della stenosi dopo un’uretrotomia endoscopica è alto, l’uretroplastica rimane il trattamento di elezione, che offre degli eccellenti risultati a lungo termine con una minima morbidità [4, 5].

[1] Santucci R, Eisenberg L. Urethrotomy has a much lower success rate than previously reported. JUrol. 2010; 183:1859-62.

[2] Dubey D. The current role of direct vision internal urethrotomy and self-catheterization for anterior urethral strictures. Indian J Urol. 2011; 27:392-6.

[3] PansadoroV, Emiliozzi P. Internal urethrotomy in the management of anterior urethral strictures: long-term followup. J Urol. 1996; 156:73-5.

[4] Hafez AT, El-Assmy A, Dawaba MS, Sarhan O, Bazeed M. Long-term outcome of visual internal urethrotomy for the management of pediatric urethral strictures. J Urol. 2005; 173:595-7.

[5] Rourke KF, McCammon KA, Sumfest JM, Jordan GH, Kaplan GW. Open reconstruction of pediatric and adolescent urethral strictures: long-term followup. J Urol. 2003; 169:1818-21.

Cause di stenosi uretrale: analisi di 1439 pazienti operati nell’ultimo decennio nel Centro di Riferimento Italiano per la Chirurgia Uretrale.

Analisi delle cause di stenosi uretrale su 1439 pazienti operati  nel nostro Centro di Riferimento dal 2000 al 2010.

La valutazione pre-operatoria è stata effettuata mediante:  storia clinica dettagliata della stenosi, flussimetria, cistouretrografia retrograda e minzionale e valutazione endoscopica.

Tabella 1 : Caratteristiche delle stenosi uretrali

Le stenosi sono state suddivise in base alla loro localizzazione in posteriori 112 casi (7.8 %) ed anteriori 1327 (92.2%) [foto 1]. Le stenosi anteriori sono state ulteriormente suddivise in 4 sottogruppi: 439 stenosi nell’uretra peniena (30.5%), 675 nell’uretra bulbare (46.9%), 142 stenosi nell’uretra peno-bulbare (4.9%) e 71 casi di stenosi  concomitante peniena più bulbare (9.9%) [foto 2].

Foto 1
Foto 1
Foto 2
Foto 2

Le cause principali sono risultate iatrogena in 556 (38.6%) casi, sconosciuta in 515 (35.8%), Lichen sclerosus in 193 (13.4%) e trauma in 156 (10.8 %).  Le principali cause iatrogene sono risultate: cateterizzazione 234 (16.3%), ipospadia complicata 176 (12.2%) e chirurgia transuretrale 131 (9.1%).

 

Tabella 1. Caratteristiche delle stenosi uretrali (*abbiamo evidenziato i  dati più significativi)

Sede

 (No. pz)

Peniena

n=439

(30.5%)

Bulbare

n=675

(46.9%)

Peno-Bulbare

n=142

(9.9%)

Peniena+ Bulbare

n=71

(4.9%)

Posteriore

n=112

(7.8%)

Totale

n=1439

Età media (anni)

45.2

42.2

55.6

47.4

47.2

45.1

Lunghezza media (cm)

3.65

2.83

12.19

6.51

2.45

4.15

Eziologia
Sconosciuta

56

(12.7%)

417

(61.8%)

32

(22.5%)

7

(9.9%)

3

(2.7%)

515

(35.8%)

Trauma

10

(2.3%)

59

(8.8%)

0

6

(8.5%)

81

(72.3%)

156

(10.8%)

Lichen sclerosus

107

(24.4%)

0

69

(48.6%)

17

(23.9%)

0

193

(13.5%)

Altre (congenite,infezioni, tumori)

12

(2.7%)

5

(0.7%)

1

(0.7%)

1

(1.4%)

0

 19

( 1.3%)

Iatrogena:

 

254

(57.9%)

 

194

(28.7%)

 

40

(28.2%)

 

40

(56.3%)

 

28

(25.0%)

 

556

(38.6%

Cateterizzazione

71

(16.2%)

117

(17.3%)

23

(16.3%)

20

(28.2%)

3

(2.7%)

234

(16.3%)

Chirurgia transuretrale

43

(9.8%)

59

(8.7%)

10

(7.0%)

8

(11.3%)

11

(9.8%)

131

(9.1%)

Ipospadia complicata

140

(31.9%)

17

(2.6%)

7

(4.9%)

12

(16.8%)

0

176

(12.2%)

Altre (radioterapia, adenomectomia prostatica, prostatectomia)

0

1

0

0

14

15

Stenosi precedentemente trattate

349

(79.5%)

497

(73.6%)

110

(77.5%)

58

(81.7%)

46

(41.1%)

1060

(73.7%)

La stenosi uretrale è una patologia comune in tutte le fasce d’età.

. L’incidenza aumenta fino  all’età di 45 anni, per poi  diminuire. Le stenosi sono state raramente riscontrate sotto i 20 anni o sopra i 70.

La lunghezza media delle 1439 stenosi è risultata di 4.15 cm; le stenosi più lunghe sono quelle causate da Lichen sclerosus (media 7.45 cm), ipospadia complicata (media 4.42 cm), e cateterizzazione (media 4.40 cm).

Tabella 2: Eziologia correlata alla lunghezza media delle stenosi, all’ età media dei pazienti, ed ai precedenti trattamenti (*abbiamo evidenziato i  dati più significativi)

La lunghezza media è risultata superiore nelle stenosi trattate precedentemente (media 4.34 cm) rispetto a quelle non trattate “vergini” (media 3.64 cm).

Tabella 3.  Trattamenti precedenti correlati all’età media, alla lunghezza media delle stenosi  ed alla  sede delle stenosi  (*abbiamo evidenziato i  dati più significativi)

Conclusioni: La causa più commune delle stenosi è stata quella iatrogenica. Le riparazioni di ipospadia ed il Lichen Sclerosus rappresentano delle significative cause emergenti da non sottovalutare.  Le stenosi uretrali coinvolgono tutte le età. I trattamenti inappropriati possono causare un’ulteriore allungamento della stenosi.

Il presente studio dimostra chiaramente la necessità di chiarire l’eziopatologia delle stenosi  e di trattarle in maniera giusta, in modo da poter prevenire un’ulteriore sviluppo o peggioramento della malattia.

Tumore pene

ESPERIENZA NEL CENTRO DI CHIRURGIA URETRALE-GENITALE

37 pazienti sottoposti a chirurgia ricostruttiva per tumore del pene (aggiornato al 30 aprile 2012)

L’intervento di eradicazione del tumore del pene con contenporanea ricostruzione del pene, risulta un intervento sicuro, e che preserva la funzione sessuale e l’aspetto estetico del pene.

La percentuale di successo sui nostri pazienti è risultata 100%

Nessuna recidiva a 5 anni.

Lineeguida del tumore del pene (scarica allegato)

Pubblicazioni:

 

STATO DELL’ARTE DEL TUMORE DEL PENE

Definizione del cancro del pene

Il cancro del pene rappresenta un tipo di carcinoma a cellule squamose (SCC) relativamente raro. Di solito ha origine nel prepuzio interno e nel glande. La fimosi, una scarsa igiene ed il fumo costituiscono i fattori di rischio maggiori nello sviluppo del cancro del pene. Vari tipi di papilloma virus (HPV) sono responsabili della trasmissione sessuale delle verruche genitali, del condiloma acuminato  e del cancro a cellule squamose.

Una conoscenza approfondita della storia naturale della malattia, una diagnosi precoce, la collaborazione di vari gruppi di ricerca e la centralizzazione dei pazienti in centri di eccellenza ha contribuito ad un aumento delle percentuale di guarigione del cancro del pene dal 50% negli anni ’90 al 80% negli ultimi anni.

 

Epidemiologia

Nell’Europa e negli Stati Uniti il cancro del pene ha un’incidenza di meno di 1:100 000 maschi. In contrasto, nel mondo non-occidentale l’incidenza del cancro del pene è molto più alta è può rappresentare fino al 20-30% delle malattie maligne negli uomini. Le abitudini sociali-culturali,  le pratiche igieniche e religiose costituiscono ulteriori fattori di rischio significativo. Il carcinoma del pene è raro nelle comunità che praticano la circoncisione nei neonati ed in età pre-puberale, mentre la circoncisione in età matura non protegge contro il cancro del pene.


Fattori di rischio e prevenzione

I fattori di rischio maggiormente responsabili del cancro del pene includono:

  • fimosi
  • condizioni croniche infiammatorie come  balanopostite, lichen sclerosus ed atroficus (balanitis xerotica obliterans)
  • trattamento con sporalene e fotochemioterapia con raggi ultravioletti A
  • la storia sessuale (partner multipli ed un’età precoce del primo rapporto sessuale) e una storia di condilomi, sono state associate con un rischio da 3 a 5 volte maggiore di  ammalarsi di cancro del pene
  • in più, il fumo rappresenta un’ulteriore fattore di rischio da non sottovalutare.

 

 

Classificazione TNM clinica e patologica del cancro del pene (2009)

Classificazione clinica

T-Tumore primario

TX   Tumore primitivo non valutabile

T0    Nessun segno di tumore primitivo

Tis    Carcinoma in situ

Ta     Carcinoma verrucoso non invasivo

T1     Il tumore invade il tessuto connettivo sottoepiteliale

T1a- Il tumore invade il tessuto connettivo sottoepiteliale senza invasione linfovascolare e non è scarsamente differenziato o indifferenziato  (T1G1-2)

T1b- Il tumore invade il tessuto connettivo sottoepiteliale senza/con invasione linfovascolare o è scarsamente differenziato o indifferenziato  (T1G3-4)

T2    Il tumore invade il corpo spongioso/corpo cavernoso

T3    Il tumore invade l’uretra

T4    Il tumore invade le altre strutture adiacenti

N- Linfonodi regionali

NX   I linfonodi regionali non sono valutabili

N0    Nessun linfonodo inguinale  è palpabile o visibilmente aumentato

N1    Linfonodo inguinale unilaterale mobile palpabile

N2    Linfonodi inguinali multipli o bilaterali mobili palpabili

N3    Massa nodale inguinale fissa o linfoadenopatia pelvica, unilaterale o bilaterale

M- Metastasi a distanza

M1    Assenza di metastasi a distanza

M2    Presenza di metastasi a distanza

 

Classificazione patologica

Le categorie pT corrispondono alle categorie T. Le categorie pN sono basate sulla biopsia e sull’asportazione chirurgica.

pN- Linfonodi regionali

pNX     Linfonodi regionali non valutabili

pnN0   Assenza di metastasi nei linfonodi regionali

pN1     Metastasi in un singolo linfonodo inguinale

pN2     Metastasi in linfonodi inguinali multipli o bilaterali

pN3     Metastasi in linfonodo/linfonodi inguinali pelvici, unilaterale o bilaterale o estensione

extranodale della metastasi dei linfonodi regionali

pM- Metastasi a distanza

pM0     Assenza di metastasi a distanza

pM1     Presenza di metastasi a distanza

G – Classificazione istopatologica

GX          Grado di differenziazione non valutabile

G1           Bene differenziato

G2           Moderatamente differenziato

G3-4        Scarsamente differenziato/ Indifferenziato

 

Patologia

Il carcinoma a cellule squamose/SCC è responsabile per il 95% dei casi di affezioni maligne del pene. Il melanoma maligno ed il carcinoma a cellule basali sono molto meno comuni. Quanto spesso il carcinoma a cellule squamose/SCC sia preceduto da lesioni premaligne è tuttora sconosciuto.

 

Lesioni premaligne:

Lesioni sporadicamente associate con il SCC

  • Corno sottocutaneo del pene
  • Papulosi bowenoide del pene
  • Balanitis xerotica obliterans (lichen sclerosus ed atroficus)

Lesioni ad alto rischio di sviluppo  di SCC (fino ad un terzo si trasforma in SCC invasivo)

  • Neoplasia intraepiteliale del pene (carcinoma in situ): eritroplasia di Queyrat e la malattia di Bowen

 

SCC del pene

Tipi di SCC

Classico

Basaloide

Verrucoso e le sue varietà:

  • carcinoma condilomatoso
  • carcinoma verrucoso
  • carcinoma papillare
  • carcinoma verrucoso ibrido
  • carcinoma misti (carcinoma verrucoso basaloide e carcinoma adenobasaloide)

Sarcomatoide

Adenosquamoso

 

Modelli di crescita del SCC

Diffusione superficiale

Crescita nodulare o in fase verticale

Verrucoso

 

Diagnosi e determinazione dello stadio della malattia

Il tumore primitivo ed i linfonodi regionali necessitano di un accurato esame per la determinazione dello stadio della malattia prima che la più efficiente linea di trattamento venga adottata.

L’esame fisico del paziente con cancro del pene include:

  • diametro della lesione del pene o delle aree sospette;
  • localizzazione della lesione sul pene;
  • numero di lesioni;
  • morfologia della lesione: papillare, nodulare, ulcerosa o piatta;
  • rapporto della lesione con le altre strutture (es. sottomucosa, tunica albuginea, ed uretra);
  • corpo spongioso e corpo cavernoso;
  • colore e margini della lesione;
  • lunghezza del pene.

 

Linee guida per la diagnosi e la determinazione dello stadio del cancro del pene

Tumore primitivo    

Esame fisico, registrando le caratteristiche morfologiche e fisiche della lesione

Diagnosi citologica e/o istologica.

Linfonodi inguinali  

Esame fisico delle due regioni inguinali, registrando le caratteristiche morfologiche e fisiche dei nodi

  • Se i nodi non sono palpabili,  è indicata la DSNB; se la DSNB non è disponibile, può essere sostituita da una FNAC/fattori di rischio
  • Se i nodi sono palpabili, FNAC per la diagnosi citologica. 

Metastasi regionali (nodi inguinali e pelvici)        

Nei pazienti con metastasi nodali inguinali è indicata la CT/scansione PET-CT

Metastasi distante (diffuse all’infuori della regione dei nodi inguinali e pelvici )       

La scansione PET/CT permette l’identificazione delle metastasi distanti

Se la PET/CT non è disponibile, sono consigliabili la CT dell’addome ed una radiografia del torace, e nei pazienti sintomatici M1 è consigliabile anche una scansione ossea.

*[CT= tomografia computerizzata; DSNB= biopsia dinamica dei linfonodi sentinella; FNAC= aspirazione citologica con ago fine]

 

Strategie di trattamento per il cancro del pene

Tumore primitivo Trattamento conservativo da adottare ogniqualvolta sia possibile
Categorie Tis, Ta, T1a (G1, G2)

CO2 o Nd: YAG chirurgia laser, escissione locale estesa, ricostruzione del glande, o asportazione del glande, in funzione della misura e della localizzazione del tumore

Chirurgia micrografica di Moh, o terapia fotodinamica per lesioni superficiali sufficientemente differenziate (Tis,G1 Ta)

Categorie T1b (G3) e T2 (solo glande) Glansectomia, con o senza l’amputazione e ricostruzione di neoglande con innesto cutaneo (Resurfacing)
Categoria T2(il tumore invade i corpi cavernosi) Amputazione parziale. Candidati alla succesiva fase ricostruttiva. Margine di tessuto sano di 5-10mm è sufficiente per una amputazione radicale.
Categoria T3(il tumore invade l’uretra) Amputazione totale con uretrostomia perineale
Categoria T4(il tumore invade le strutture adiacenti) Chemioterapia poi fase chirurgica: amputazione totale con uretrostomia perineale  oppure  Chirurgia in associazione a radioterapia adiuvante post-operatoria
Ricomparsa locale della malattia dopo terapia conservativa Chirurgia di salvataggio, con intervento che risparmia il pene, nelle ricomparse di piccole dimensioni.Ricomparse di dimensioni più grandi: una delle forme di amputazione
Radioterapia Trattamento intento a preservare l’organo in determinati pazienti con T1-T2 del glande o con solco coronale, lesioni < 4cm.
Chemioterapia Neoadiuvante, prima dell’intervento chirurgico.Palliativa, negli stadi avanzati o nelle metastasi


BIBLIOGRAFIA

Guidelines on penile cancer. European Association of Urology 2012.  Pizzocaro G, Algaba F, Solsona E, Tana S, Van Der Poel H, Watkin N, Horenblas S.

Etiology of squamous cell carcinoma of the penis. Scand J Urol Nephrol Suppl 2000;(205):189-93.  Dillner J, von Krogh G, Horenblas S, et al.

TNM Classification of Malignant Tumours. UICC International Union Against Cancer 7th edition, Willy-Blackwell, 2009 Dec; 239-42. Sobin LH, Gospodariwics M, Wittekind C (eds).

Resurfacing and reconstruction of the glans penis.  Palminteri E, Berdondini E, Lazzari M, et al.  Eur Urol 2007 Sep;52(3):893-8.