STENT URETRALE

Non ci sono indicazioni al posizionamento di stent uretrale per la stenosi dell’uretra.

Lo stent uretrale causa nel tempo un peggioramento delle condizioni locali dell’organo, aumentando e generando spongiofibrosi.

La qualità di vita del paziente risulta fortmente compromessa dai sintomi che compaiono dopo alcuni mesi dal posizionamento dello stent (dolore nell’area dello stent, fastidio durante i rapporti sessuali,  disfunzione erettile, formazione di calcoli, infezioni ricorrenti del tratto urinario, disuria, sgocciolamento postminzionale,  incontinenza).

Spesso non è possibile rimuovere chirurgicamente le maglie metalliche dello stent, per cui il chirurgo ricostruttivo è costretto ad asportare il toto il segmento di uretra con lo stent incarcerato.

 

Guarda il video PE4

Il concetto di mantenimento della pervietà di un lume vascolare, attraverso un’endoprotesi, risale al 1969.

In ambito urologico l’utilizzo di uno stent è stato sperimentato per la prima volta da Milroy, nel 1988, mediante un primo tentativo fatto utilizzando uno stent temporaneo.

Dal 1990 ad oggi, lo stent permanente Urolume è stato considerato l’endoprotesi adatta nei casi di stenosi dell’uretra. Urolume è uno stent biocompatibile, costituito da una super-lega e intrecciato in una rete metallica tubolare [1].

Dopo l’entusiasmo iniziale che riguardava le indicazioni sempre più ampie per varie tipologie di stenosi, è stato dimostrato che l’utilizzo degli stent è destinato al fallimento nelle stenosi posteriori causate da traumi pelvici o dalla chirurgia della prostata [1, 2]. Controindicato nei casi di stenosi peniena;  nell’uretra bulbare la reale effiacia non è stata dimostrata.

Per quanto riguarda i risultati a breve termine (meno di 18 mesi) dell’ Urolume, la percentuale di successo è stata stabilita intorno al 86-100% mentre quella a medio termine (24-36 mesi) subisce già delle riduzioni, essendo di 42-90%. I risultati a lungo termine (più di 10 anni) dimostrano chiaramente un ulteriore ribasso con una percentuale di successo di solo 13-45% [1]. In conclusione, questi risultati sono deludenti rispetto all’eccellente percentuale di successo a lungo termine dell’uretroplastica, una percentuale >90%.

Per quanto riguarda gli studi che si concentrano sull’utilizzo degli stent, c’è da dire che i risultati sono incentrati unicamente sulla pervietà del lume, sottovalutando, però, effetti secondari come il dolore nell’area dello stent, i fastidi sessuali, la disfunzioei erettiei, la formazione di calcoli,  le infezioni ricorrenti del tratto urinario, la disuria, l’incrostazione dello stent, lo sgocciolamento postminzionale, e l’incontinenza;  tutti sintomi che danneggiano in maniera importante la qualità di vita del paziente.

I principali problemi collegati all’utilizzo degli stent riguardano una sovraccrescita iperplastica con stenosi intraluminale o lo sviluppo di una nuova stenosi all’estremità distale o prossimale della protesi. Anche se questi problemi possono essere trattati attraverso delle uretrotomie ripetute e dilatazioni, la percentuale di fallimento rimane comunque alta.

Inoltre, la rimozione endoscopica dello stent risulta spesso impossibile, necessitando in ultima istanza di interventi chirurgici molto complessi; in alcuni casi è possibile rimuovere lo stent  estraendo uno ad uno i fili di metallo, ma spesso l’unica soluzione possibile rimane la rimozione in blocco dell’uretra fibrosa insieme allo stent incarcerato.

Parlando di scelte chirurgiche e dei principi moderni applicabili nel trattamento delle stenosi, non si deve dimenticare che alla base della chirurgia ricostruttiva dell’uretra c’è la preservazione dell’organo, mediante l’aumento dei tessuti uretrali oppure mediante la rimozione dell’uretra cicatriziale e l’ anastomosi. L’utilizzo degli stent non rispetta nessuno di questi due concetti, visto che la spongiofibrosi pre-esistente non viene asportata e lo stent danneggia ulteriormente i tessuti, provocando l’espansione della fibrosi ed il peggioramento delle condizioni locali dell’organo [4].

Anche se lo stent rappresenta il sogno di risolvere le stenosi dell’uretra attraverso un metodo facile e minimamente invasivo, sfortunatamente non si è dimostrato un’alternativa esente di rischi. Di conseguenza, gli urologi che posizionano uno stent permanente devono considerare il rischio, non basso,  di danneggiare l’organo e di conseguenza la qualità di vita del paziente [3].

 

ESPERIENZA nel nostro Centro di Chirurgia dell’Uretra

Totale pazienti sottoposti ad uretroplastica con rimozione di stent uretrale: 15

Tutti i pazienti con stent uretrale presentavano stenosi dell’uretra nello stent, adiacente allo stent.

Sintomi dei pazienti con stent uretrale e stenosi uretrale: bruciore ad urinare, infezioni ripetute delle vie urinarie con febbre alta (>38°C), difficoltà ad urinare, difficoltà a svuotare completamente la vescica, dolore nella sede dello stent. incontinenza, disfunzione erettile.

[1] Shah D, Paul EM, Badlani GH. 11-year outcome analysis of endourethral prosthesis for the treatment of recurrent bulbar urethral stricture. J Urol 2003; 170:1255-8

[2] Wilson TS, Lemack GE, Dmochowski RR. Urolume stents: lesson learned. J Urol 2002; 167:2477-80.

[3] Palminteri E, Gacci M, Berdondini E, Poluzzi M, Franco G, Gentile V. Management of urethral stent failure for recurrent anterior uretra strictures. Eur Urol 2010; 57: 615-21.

[4] Palminteri E. Stents and urethral strictures: a lesson learned?  Eur Urol 2008; 54: 498-500.